Com’e’ che li presidente del Movimento Estensione Vita ha comiciato ad occuparsi di informatica, di Startup e di tecnologie innovative?

In questa serie di video dove raccontiamo un po’ la mia storia, com’e’ che da informatico sono arrivato a sviluppare certi progetti e poi alla fine mi sono trovato a Las Vegas e poi a Reno e poi e’ partito il Movimento Estensione Vita, abbiamo visto la donna, Katy, che una sera fatale a Las Vegas ha fatto partire un po’ tutto.

Abbiamo visto il progetto ubiatar, quello che mi ha fatto arrivare li’ e mi ha portato anche un po’ al limite per il quale poi ho dovuto assumere le sostanze, ma moltissime persone continuano a chiedermi “Si’, ma tu come hai cominciato a fare queste cose; cos’eri, tuo padre era un ricercatore di qualche cosa, sei stato coinvolto in che cosa” e cosi’ via.

Quindi a questo punto col capitolo meno 3 arriveremo proprio all’inizio: com’e’ che ho cominciato a occuparmi di informatica, di Startup e di tecnologie innovative.

Ho fatto tante cose nella vita; quando ero veramente piccolo, ero addirittura minorenne, ho acquistato il mio primo computer.

Non me l’ha comprato mio padre: io sono figlio di una contadina e di un operaio, sono di umili origini; non ho alle mie spalle nessuno che mi abbia portato nella sua ricca biblioteca di famiglia o nella grande azienda e mi abbia detto “figliolo, c’e’ bisogno di questa cosa, occupatene tu”.

Ogni cosa di cui mi sono occupato l’ho fatto perche’ mi interessava, specialmente a livello culturale.

Quando sono usciti i computer io ne ero affascinato; ero affascinato dalla fantascienza e dalla tecnologia da sempre.

Chiaramente erano troppo costosi, erano gli anni ’80 quando io ero ragazzino e i computer disponibili erano tipo il Commodore 64, il Vic 20 o altri ancora piu’ costosi come l’Apple 2.

Non avevo certamente il denaro necessario: l’Apple 2 costava milioni, il Commodore 64 costava 500-600 mila lire, era tanto!

Nel 1981 pero’ la Sinclair Research inglese tiro’ fuori un computer che costava veramente poco: era sulle 240 mila lire, il computer e l’espansione di memoria; si chiamava ZX81, perche’ e’ uscito appunto nell’81; era un computer veramente piccolo.

Ce l’ho ancora il mio primo computer, eccolo qua: Questo e’ lo zx81.

In realta’ questo e’ il computer; non e’ molto grande pero’ ha la tastiera, dietro ha la possibilita’ di essere espanso e si collega al televisore di casa.

Pensate: all’epoca per avere la possibilita’ di visualizzare cosa facesse vedere il computer bisognava attaccare un filo dal computer al televisore di casa.

Dopodiche’ c’e’ una serie di fili che si potevano collegare al registratore a cassette (sul quale ci registravamo la musica negli anni ’80).

Il computer poteva registrare i programmi e i contenuti come una serie di suoni, quelli che sentite sempre quando ci sono i modem e cosi’ via.

Questa era una macchina completa, ci si poteva fare sopra programmazione.

Questa e’ la macchina sulla quale ho imparato a programmare.

Dopodiche’ ho comprato l’espansione di memoria; con questo modulo aggiuntivo si raggiungeva la capacita’ incredibile di 16KB di memoria.

16KB sembravano tantissimi all’epoca, oggigiorno sono meno di quello che occupa un’immagine che possiamo mandare con una chat.

Diciamo che l’immagine del gattino o il buongiornissimo di solito sono 40/60 KB almeno, quindi non ci stavano nemmeno; eppure ci stavano programmi completi e ci ho sviluppato videogiochi.

Grazie a questo sono entrato nel Computer Club Grugliasco, il primo computer Club d’Italia che abbiamo fondato come circolo Arci assieme a degli altri entusiasti.

C’era la Sinclar Division, di cui il capo ero io, c’era la Commodore Beach, di quelli che avevano il Commodore 64, e poi c’erano quelli che erano piui elitari, quelli che avevamo l’Apple.

L’Apple era il computer piu’ costoso e piu’ bello, aveva i dischi, i floppy disk per poter caricare il software e farci sopra cose.

Con lo ZX81 il lunedi’ sera, quando ci si incontrava al computer Club e poi si finiva sempre a bere in birreria, ho conosciuto persone fantastiche: avevo 15 anni quando ho cominciato e c’erano delle persone che ne avevano 60, 70, 50 o 40.

Era bellissimo, c’erano persone di ogni eta’ e di ogni estrazione sociale che avevano l’interesse di imparare questa cosa segreta e strana che era l’informatica.

Ovviamente non c’era Internet, quindi anche le informazioni giravano in maniera strana: fogli ciclostilati, fotocopie, informazioni segrete, qualche rara rivista che arriva dall’Inghilterra, che era chiaramente piu’ avanti, e poi hanno cominciato alcune riviste italiane: c’era MC microcomputer, c’era Byte, c’era Bit.

Una serie di riviste che poi hanno fatto successo sul mercato italiano, magari un po’ dopo.

Nel 1982 poi e’ uscito il successore dello ZX81: e’ uscito lo ZX Spectrum.

Lo ZX Spectrum era molto piu’ bello, pero’ lo ZX81 rimane sempre il primo, quindi ha un suo fascino antico.

Lo ZX81 aveva dei tasti piatti, questo invece aveva tasti che andavano giu’, avevano un minimo effetto di tasto meccanico; ovviamente erano tasti di gomma, di cui tutti hanno sempre parlato malissimo, ma avevano un fascino anche loro.

Aveva poi questa banda colorata per indicare, appunto come “Spectrum”, il fatto che poteva generare immagini a colori, perche’ lo ZX81 poteva solo fare bianco e nero e lo Spectrum invece poteva generare immagini a colori.

Anche lui si collegava al televisore da dietro, anche lui si collegava al registratore a cassette dalla parte posteriore come memoria di massa e partiva gia’ di base con la incredibile capacita’ di 16 kilobyte di memoria, espandibili fino a 48.

Io l’ho comprato nel 1982 con 16KB e poi con tanti tanti giri traversi ho comprato i chip che servivano ad espandere la memoria a 48KB, che sembrava tutta la memoria del mondo.

In piu’ aveva anche un piccolo altoparlante per fare dei suoni, dei Bip che potevano avere frequenze diverse: quindi potevi fare anche della musica (molto, diciamo, digitale, da computer, ma si poteva fare).

Sullo ZX Spectrum ho scritto il mio primo videogioco commerciale; sullo ZX81 avevo imparato a programmare in linguaggio Assembler, in linguaggio macchina, quello direttamente all’interno del processore della macchina, quindi un linguaggio molto piu’ difficile di quello normale, il Basic, che viene utilizzato per partire.

In linguaggio Assembler si potevano fare delle cose, dei programmi, che giravano velocissimi: i videogiochi andavano fatti per forza in Assembler, quindi abbiamo imparato nel computer Club, alcuni di noi piu’ caparbi; mettendo insieme informazioni segrete ricavate qua e la’ (perche’ non c’era il Manuale del microprocessore, non c’era neanche un libro su cui studiare, ovviamente internet non era stato ancora inventato) abbiamo sviluppato la possibilita’ di creare software in linguaggio macchina.

Ho lavorato quindi negli anni successivi e ho sviluppato il primo videogioco venduto da un italiano sul mercato internazionale, che e’ Specventure.

Specventure sta per “Spectrum Adventure”: avventura del computer; un po’ tipo Tron, e visto con gli occhi di oggi puo’ sembrare non tanto, ma nel 1984, quando finalmente e’ uscito, si trattava di un gioco rivoluzionario perche’ i giochi per lo Spectrum piu’ sofisticati avevano 10 livelli di gioco, Specventure ne aveva 30.

I piu’ sofisticati avevano una musica di sottofondo: Manic Miner, il piu’ famoso che all’epoca era uscito, aveva una musica di sottofondo ed era gia’ tantissimo; Specventure ne aveva 10.

Schiacciando i tasti da 1 a 0 potevi far partire la musica che volevi e cambiava anche da una livello all’altro; la prima che ho inserito e’ stata “Per Elisa”, che era dedicata al mio primo amore del liceo (chiaramente da buon nerd lei non l’ha mai saputo) e anche all’inizio del gioco c’e’ la dedica “Fulvio Dominici Per Elisa”, anche questo lei non l’ha mai saputo.

Perche’ era complicato mettere una musica di sottofondo sullo Spectrum?

Perche’ all’interno del computer c’e’ il processore che fa tutto il lavoro e il processore nello Spectrum se faceva uscire il suono dell’altoparlante faceva muovere su e giu’ la membrana dell’altoparlante stesso a velocita’ diverse, quindi facendo le frequenze diverse, ma non faceva girare il gioco: o faceva una cosa o faceva l’altra, non poteva farne due contemporaneamente.

Io ho trovato una soluzione che ho visto e’ stata poi adottata da vari videogiochi (come Manic Miner): L’idea e’ di far si’ di fare un cinquantesimo di secondo di suono e un cinquantesimo di secondo di elaborazione di tutto il gioco e poi ricominciare: un cinquantesimo di secondo di suono e un cinquantesimo di secondo di gioco.

Questo produce una musica molto sincopata, molto strana, molto caratteristica dei videogiochi dello Spectrum (quei pochi che avevano la musica); pero’ farcene stare 10 vuol dire far stare tutto lo spartito di 10 musiche diverse.

Gia’ una era un’impresa, 10 e’ stato veramente rivoluzionario, quindi quando e’ uscito Specventure ha fatto una certa sensazione per la tecnologia che c’era dietro: c’erano le Sprite, cioe’ il fatto che i personaggini si muovessero in modo fluido, che molti videogiochi avevano, ma che nello Spectrum non erano supportate dall’hardware, andava fatto tutto dal software interno, le 10 musiche di sottofondo, i 30 livelli e cosi’ via.

Ha avuto un certo successo commerciale e io, ancora minorenne, sono stato il primo italiano a vendere un videogioco sul mercato internazionale.

L’ho venduto alla Mastertronic di Londra, una societa’ inglese che aveva un rappresentante in Italia; ci siamo conosciuti allo SMAU, che all’epoca era un salone grandissimo (la fiera del computer e delle macchine per ufficio), e poi il contratto ha dovuto firmarlo mio padre, perche’ ero ancora minorenne.

Il vero lavoro non e’ stato sviluppare il videogioco con le tecnologie un po’ piu’ avanzate del momento, il vero problema e’ stato convincere mio padre a firmare un contratto in inglese, che non capiva assolutamente, spiegandoglielo e traducendolo dieci volte perche’ chiaramente non si fidava.

All’epoca non c’era neanche la cultura del fatto che ti pagassero per un videogioco: mio padre diceva “Sei pazzo, ti danno dei soldi per un giochino” non era concepibile.

Lui aveva sempre lavorato in fabbrica e vedeva che le cose che venivano pagate erano cose tangibili; si facevano compressori per frigoriferi: “Ecco, ogni compressore che fai e’ fatto con dei tubi, ha un motore, ti pagano per una roba seria”.

All’epoca, gli anni ’80, era difficile concepire il fatto che qualcuno fosse pagato per cose immateriali (continuava a non esserci Internet), quindi chiaramente era un problema.

Alla fine l’ho convinto, sono andati avanti e il videogioco ha venduto molto bene: ha fatto circa 76000 copie in tutto il mondo, anche negli Stati Uniti; 12 in Italia (tutte le altre copiate) e alla fine ho guadagnato 14 milioni 700 mila lire, che per l’epoca non erano poco per un ragazzino.

Questi soldi sono arrivati ovviamente intestati a mio padre e la sua risposta e’ stata “mah! ti danno questi soldi per un gioco!”; pero’ intanto gli assegni se li e’ incassati, perche’ erano intestati a lui.

A me ha fatto molto soddisfazione sulle riviste che arrivano dall’Inghilterra che per molti anni erano state per noi come la Bibbia (queste cose che arrivavano, bisognava ordinarle da un edicolante, non sempre ci riusciva di averle, c’era questo mondo inglese dove c’era questo fermento dei computer, dell’informatica).

Ecco, il fatto che ci fossero articoli su un videogioco che avevo scritto io e poi soprattutto fosse uscita una volta la mappa completa del gioco, il walkthrough si chiamerebbe al giorno d’oggi, e addirittura la mappa dei codici di accesso segreti per i 30 livelli elencati da uno che aveva finito il gioco, l’ho trovato fantastico.

Ho preso la rivista che era appena arrivata da Londra, sono andato nella mia stazione di lavoro, ho tirato fuori il mio quaderno a quadretti sul quale mi ero scritto tutti quei codici che mi ero inventati per poi metterli nel gioco e ho detto “l’elenco ce l’ho, l’ho scritto qua a biro su questo mio foglio del quaderno di sviluppo”.

E’ stata una grande soddisfazione, mi hanno intervistato moltissimi giornali e televisioni; per un minorenne italiano fare questa cosa era rivoluzionario per l’epoca; oggi potra’ sembrare poca cosa, pero’ all’epoca e’ stato veramente importante; e’ stato alla meta’ degli anni ’80, c’era fermento.

E poi ricordo che ascoltavo i Rockets mentre facevo software e c’era una delle canzoni che parlava appunto dei videogiochi, “nuovi videogiochi per il popolo che sta aspettando”; era fantastico ed eccitante: “Ecco qua, li sto scrivendo, Ecco qui, la gente aspetta e gli diamo questa cosa”.

Questo e’ stato l’inizio della passione per l’informatica che poi ha portato a sviluppare tanti progetti, fra cui ubiatar, andando avanti di parecchi anni, quello che mi ha portato a Las Vegas a conoscere Katy, che mi ha portato a vedere l’evento di estensione vita e poi quindi che ha portato al fatto che tu stia vedendo il video che tu stai guardando in questo momento.

Se vuoi vedere qualcosa di Specventure adesso mettiamo su un video che lo fa vedere.

Tenete conto che e’ possibile anche scaricare un emulatore dello Spectrum che gira dentro un normale browser e quindi su un normale computer; e’ possibile giocare come se avessi lo Spectrum ed e’ possibile giocare a Specventure, perche’ diciamo che nessuno ha ceduto i diritti, ma la Mastertronic nel frattempo ha chiuso, poi ha riaperto con un’altra compagine sociale e cosi’ via ed e’ diventato praticamente di pubblico dominio e quindi tutti possono giocare a Specventure oggi e c’e’ ancora gente che ci gioca, ognitanto mi mandarno messaggi e questo e’ molto bello.

Quindi vediamo com’era questo Specventure.

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