Fra le cose che vanno ad influire sulla possibilita’ di vivere molto piu’ a lungo e di avere effetti antiage ci sono tutta serie di attitudini psicologiche che sono molto importanti.
Si e’ visto addirittura come il guarire da certe malattie sia funzione di un certo atteggiamento psicologico: se uno e’ disperato, o ha un atteggiamento rinunciatario o depresso, si ammala di piu’, guarisce piu’ lentamente o non guarisce per nulla.
Fra le cose che sono importanti per sentirsi bene a livello psicologico pare, da ricerche recenti, che ci sia anche lo status sociale; addirittura sembra che la perdita di questo status sociale negli esseri umani sia molto spesso accompagnata dalla perdita di una salute ottimale.
In alcuni casi questi danni sono molto pesanti, persino mortali.
Il dottor Michael Marmot ha molto studiato questa correlazione e parla di “Sindrome da perdita di status”.
Da cosa parte tutto questo?
Parte dal fatto che l’uomo e’ un animale sociale e quindi non e’ fatto per vivere da solo, ma e’ fatto per vivere in comunita’, in branco; un po’ come le scimmie.
Visto che e’ un animale sociale compete con gli altri per raggiungere uno status piu’ elevato possibile all’interno della sua comunita’.
Quando non stiamo vincendo al gioco della vita il nostro corpo si prepara per affrontare una crisi e cambia le sue impostazioni in modo da poter resistere ad un imminente attacco; questo stato di allerta aumenta il livello di infiammazione di tutto l’organismo, inoltre il corpo comincia a salvare risorse riducendo il rilascio di anticorpi e di conseguenza riduce anche la risposta antivirale.
Come abbiamo visto, se il livello di infiammazione rimane alto per troppo tempo ci possono essere una serie di danni che provocano proprio l’invecchiamento che vediamo nel corpo: aumenta il rischio di malattie neurodegenerative, le arterie si ostruiscono e si puo’ anche avere malattie di tipo tumorale.
La perdita dello status e’ anche una cosa che produce ansia e depressione; alcuni psicologi hanno visto che quando diventiamo depressi ci ritiriamo mentalmente dalla competizione per ottenere un livello di status superiore, quindi praticamente diventiamo rinunciatari: “non ce la faremo mai, non riusciremo mai a migliorarci, eccetera”.
Questo ha un effetto evoluzionistico molto importante perche’ ci toglie un po’ dal punto di vista, dall’attenzione dei competitor piu’ cattivi e ci consente di risparmiare molte energie che avremmo destinato invece alla competizione con avversari che il nostro cervello in quel momento ha definito come troppo forti per noi.
Tutto questo viene spesso accompagnato da un dialogo all’interno della propria mente nel quale ci si autoflagella, ci si ripete: “non sono in grado di sostenere questa battaglia, il mio posto e’ piu’ in basso nella piramide sociale” e cose cosi’.
Del resto, il meccanismo della psiche e’ nato per garantire la sopravvivenza di ciascuno in contesti primitivi che erano molto violenti; in questi contesti la perdita di status equivaleva quasi sicuramente ad aggressioni fisiche.
Quando ci sentiamo completamente privati del nostro status che avevamo raggiunto, e non vediamo nessuna possibilita’ di risalire la china, la nostra mente puo’ perfino decidere di autodistruggersi.
Ci sono molteplici cause del suicidio e non tutte quante sono chiaramente riconducibili a questo fenomeno, ma la perdita di status pero’ e’ certamente una delle maggiori cause.
Il dottor Jason Manning dice che quando un individuo sperimenta un grande crollo del proprio livello di status, e quindi si comincia a percepire inferiore agli altri, il rischio di un suicidio aumenta significativamente e questa possibilita’ di aumento di tendenza suicidaria e’ ancora piu’ elevato se questo tipo di perdita avviene in modo rapido, improvviso; per esempio se si ha una grande perdita finanziaria, si perdono tanti soldi, oppure si subisce un’umiliazione bruciante a scuola o c’e’ un improvviso licenziamento.
Il cervello a livello piu’ animale elabora questo tipo di situazioni come perdita di reputazione e talvolta il dolore puo’ essere talmente elevato che puo’ decidere di “abbandonare il gioco” pur di spegnere la sofferenza generata.
Questo puo’ capitare pero’ anche se abbiamo un qualcosa di piu’ semplice, cioe’ il fatto che rimaniamo indietro rispetto agli altri.
Non e’ del tutto necessario avere un crollo drammatico per provare questo tipo di pena, di dolore psicologico; e’ sufficiente che perdiamo delle posizioni rispetto agli altri che stanno avanzando piu’ velocemente di noi e ottenendo quindi molti piu’ risultati.
Da questo punto di vista lo status sociale, il fatto di apparire e di cercare il potere, e’ qualcosa che non e’ poi cosi’ superficiale.
E’ qualcosa che ha delle radici profonde e che chiaramente nasce da un’epoca primitiva nella quale avevamo una vita del tutto diversa.
Quindi riconoscersi in una certa posizione corretta della piramide sociale, pensare di stare dando il massimo e di essere riconosciuti per questo, e’ un ingrediente essenziale per il nostro benessere psicofisico.
Altrimenti, se perdiamo questo tipo di situazione, la nostra mente e il nostro corpo alla fine combattono contro di noi.
Praticamente il cervello percepisce lo status come una cosa essenziale, e’ quasi come respirare, non possiamo farne senza.
Tutto questo come si traduce nella vita di ciascuno?
Non e’ che tutti debbano diventare il piu’ grande giocatore di tennis del mondo o essere un capitano d’industria; questo agisce a tutti i livelli, agisce all’interno dell’ambiente sociale nel quale ci troviamo ad operare: potrebbe essere semplicemente il nostro ufficio, puo’ essere la famiglia o puo’ essere il nostro condominio.
Quindi in realta’ ci sono delle situazioni molto negative che si scatenano solo perche’ il nostro cervello va ad interpretare come perdita di status il fatto che non ci “rispettano”; per questo motivo certe volte si scatenano anche delle faide violente, arrivando fino agli accoltellamenti, in certe zone del mondo.
Cosa possiamo trarre da questo tipo di ricerche?
Si puo’ trarre il fatto che per mantenere lo status sociale abbiamo bisogno di tutta l’energia disponibile, quindi se facciamo dei trattamenti antiage abbiamo sicuramente le carte in regola per avere piu’ energia, piu’ forza e piu’ capacita’ di mantenere o migliorare il nostro status sociale.
Non importa se sia all’interno dell’ufficio, all’interno di uno stabilimento, all’interno della politica o anche soltanto in famiglia: e’ ovvio che se siamo la scimmia piu’ energetica, piu’ attiva, con piu’ voglia di fare e con piu’ energia, abbiamo piu’ probabilita’ di scalare posizioni.
Allo stesso modo dobbiamo stare attenti quando abbiamo qualche tipo di perdita psicologica: non dobbiamo darle tutta questo tipo di importanza: il cervello puo’ essere anche un po’ preso in giro in un certo senso.
La maggior parte dei guru Zen ci dice che alla fine la realta’ e’ soltanto la percezione che noi ne abbiamo: non c’e’ fuori di te la paura o la sofferenza; in realta’ quello che conta e’ come tu interpreti il mondo esterno, che e’ sempre quello.
La tua interpretazione e’ quello che fa tutto, quindi e’ importante cercare di non sentirsi avviliti.
Lo so che non e’ facile: in alcuni casi magari ci sono cose veramente avvilenti, veramente negative; stiamo attenti pero’ che, interpretandole in modo ancora piu’ negativo rispetto a quello che sono, talvolta andiamo a minare la capacita’ di avere una vita lunga e prospera nonostante i trattamenti che possiamo fare a livello di sostanze che possiamo assumere e cosi’ via.
Ricorda che la medicina ufficiale e’ importante e vanno seguite le indicazioni dei medici abilitati.
Non diciamo che queste cose si vanno a sostituire ad una vita sana, a una dieta equilibrata e al fatto di andare a farsi controllare tutte le volte che serve e assumere tutti i medicinali che ci vengono prescritti.
Questi sono potenziamenti che ci fanno rimanere operativi, lucidi e in grado di goderci la vita.
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